Piazza e Via di Sant'Apollinare [1] (R. V – Ponte) (nella Piazza convergono: via di Sant’Apollinare, via dei Gigli d’Oro. È limitata a sud da piazza delle Cinque Lune; la Via va dalla Piazza omonima a Via Giuseppe Zanardelli)
La piazza e la via prendono il nome da un tempio di Apollo in loco, ed i cui “Ludi Apollinares” venivano celebrati nel prossimo Stadio (di Diocleziano – Piazza Navona).
Come altre trasformazioni, da pagane in cristiane, anche qui del tempio di Apollo [2], presso lo stadio di Domiziano (81-96), se ne servì papa Adriano I (772-795) come base della chiesa, consacrata circa il 780 e dedicata al vescovo martire ravennate. Elevata a titolo da Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521), ne fu privata da Sisto V. (Felice Peretti - 1585-1590). Il titolo venne ripristinato da Pio XI (Achille Ratti - 1922-1939).
Era in grande venerazione, nel portichetto, un’immagine murale della Madonna, che, iniziata al culto nel 1484 dal cardinale d’Estonteville, ed essendo stata profanata dai soldati di Carlo VIII, nel 1495, e poi ricoperta, accadde che: “A dì 13 di febbraio (1647), nella chiesa di S. Apollinare cascò un muro (per la caduta di un fulmine) et si manifestò l’immagine delle Madonna, che era stata imbiancata 153 anni prima et fece miracoli”.
Nella restaurazione di Benedetto XIV (Prospero Lorenzo Lambertini - 1740-1758), dalle fondamenta, la Madonna è rimasta dov’era, giacché del portichetto ne fu fatta una cappella. Nel 1575, Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585), aveva dato la chiesa al Collegio Germanico e, in quell’occasione, era avvenuto un restauro cui concorse lo stesso Pontefice, con 4.000 scudi d’oro, ed i nobili alunni del Collegio col lavoro manuale e con tanto zelo che compirono la fatica in meno di un mese e mezzo.
Il Palazzo contiguo, in forma modesta, esisteva già nel XIV sec.. Fu dato, da Gregorio XI (Pierre Roger Beaufort - 1370-1378), nel 1375, al cardinale Pietro de Luna (antipapa come Benedetto XIII 1375-1423) in commenda, quindi passò all’arciprete della chiesa attigua di Sant’Agostino. Nel 1377, il palazzo alloggiò porporati di ritorno d’Avignone; nel 1407 fu ambasciata di Francia; nel 1408 l’invasero gli Orsini, che ne furono espulsi dai vicini Sanguigni, a profitto del re Ladislao di Napoli. Martino V (Oddone Colonna - 1417-1431) e Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447) lo destinarono a cardinali. Pervenuto poi in canone ai locali canonici, fu ceduto al cardinale Guglielmo d’Estouteville (1400-1483) che, acquistando vicini immobili, dopo averlo demolito, lo ricostruì più grande “excelsium palatium adeo exornavit ut etiam rex quivis inhabitare onorifice posset: est enim eius domicilium templo sancti Apollinaris contiguum in Urbe. Hic splendide quidem omnis efficit”. Il cardinale morì il 22 gennaio del 1483 [3] e nel palazzo succedettero diversi porporati, finché il rettore del Collegio Germanico, attuato nel 1552 da S. Ignazio per “opporre un argine al dilagare della Riforma”, richiese chiesa e palazzo dell’Apollinare a Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585), che gliene fece donazione con tutti i beni annessi fra cui S. Stefano Rotondo, S. Saba e la chiesa degli Ungari [4] al Vaticano [5], nonché l’esenzione dal pagamento della dogana [6]. Nel tempio i collegiali davano concerti e rappresentazioni sacre che si protrassero nel tempo. L’ultimo spettacolo, nel palazzo, fu dato nel 1750 ed i concerti sacri, nella chiesa, ebbero luogo fino ai primi anni del XX secolo.
Il palazzo (Piazza S. Apollinare n°49) venne messo in linea con la chiesa [7] da Benedetto XIV (Prospero Lorenzo Lambertini - 1740-1758), nel 1748 (la porta era situata a sinistra e non al centro, in alto a destra una grande meridiana e un’alta torre). Ampliato in seguito da diversi pontefici, Leone XII (Annibale Clemente della Genga - 1823-1829) lo destinò, nel 1824, al Seminario Romano che, dopo breve interruzione, vi ritornò nel 1850 e vi dimora ancora oggi [8].
Il Palazzo Altemps - Il palazzo fu costruito, nel 1483, da Girolamo Riario (1443-1488) “....Honorificentissimum palatium per ipsum constructum”. Il palazzo, che fiancheggia la strada, non fu da lui mai definitivamente occupato, perché, non era ancora terminato all’epoca del suo matrimonio con Caterina Sforza [9], partì poi per i suoi feudi di Forlì e di Imola.
Alla morte dello zio, (Girolamo Riario era figlio di una sorella di Sisto IV Della Rovere) il palazzo [10] fu invaso e devastato dal popolo, che intendeva così vendicare la cattura e la morte del protonotario Colonna, avvenuta per istigazione del Pontefice.
Infatti, appena morto lo zio e non trovato in casa, il conte Riario, questi “... tornò con tutto lo campo a Roma et alloggiò in Prata, et la contessa entrò in Castello Sant'Angelo” e vista la mala parata alli 16 [11] partì lo campo de Prata e andò all'isola" e così “fu corso a furore di popolo a casa del conte, saccheggiata, guaste le finestre e le porte, le ferrate, il giardino, et, se non fusse la diligentia de li Conservatori et altri officiali di Roma, era abbrugiata”. Si può dire che il popolo non fu soddisfatto, perché “partitasi di là, la folla si recò in Trastevere per danneggiare il palazzo alla Lungara (Corsini)”.
Il palazzo devastato deve essere rimasto, dopo una riparazione sommaria, quasi disabitato, se solo alla metà del XVI secolo diventò la “Domus oratoris hispani” (Ambasciatori). La proprietà, che intanto era passata ai Soderini [12], fu da costoro venduta il 2 aprile 1568 al cardinale Sittico Altemps (1533-1595).
Gli Altemps, oriundi germanici del IX secolo, vennero in Roma dopo il 1523 e, come nipoti di papa Pio IV (Giovanni Angelo Medici - 1559-1565), accumularono ingenti ricchezze che il suddetto porporato “profuse nella magnificenza degli edifici” ed anche in collezioni artistiche e letterarie.
Il figlio naturale del cardinale Sittico Altemps, legittimato, Roberto sposò una Orsini e ottenne il titolo di duca di Gallese da Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590).
Alla morte del primo duca Roberto, successe il figlio Giovanni Angelo, che ebbe da Clemente VIII [13] (Ippolito Aldobrandini - 1592-1605) il corpo di S. Aniceto che egli depose in un’urna di giallo antico brecciato, rinvenuta in quel monticello artificiale sulla via Tuscolana, nel 1582, e ch’è creduta la sepoltura di Alessandro Severo (222-235) e Giulia Mammea (180-235). Il secondo duca di Gallese [14], Giovanni Angelo, così racconta: “...Hora essendo stato questo pretioso tesoro del corpo del detto Santo 1444 anni nel cimitero di Callisto, e havendo io per mia devotione una cappella nel mio palazzo di Roma, e desiderando adornarla, ottenni, dalla pia liberalità di papa Clemente VIII, il corpo di Aniceto, quale in detta cappella con ogni veneratione collocai a’ 28 ottobre dell'anno 1604, sotto l'altare maggiore.....”.
La cappella fu adornata dal Pomarancio (1552-1626): “avanti la cappelletta affrescò molti santi e sante e Ottavio Padovano, ad oglio, dipinse, con figure piccole, la vita di Sant’Aniceto papa (155-166), che ivi sta riposto” (Baglione).
L’ingresso alla cappella, per il pubblico, in occasione di qualche festa, fu aperto appunto nella suddetta strada.
Lo stesso duca eresse nel palazzo un piccolo teatro, dove fece dare vari spettacoli, che continuarono anche quando fu affittuario del palazzo il duca di Polignac (XVIII secolo), e nel XIX secolo, quando nel teatro vi esercitò la sua attività la Filodrammatica Romana, frequentata dalla nobiltà nera della Capitale italiana e presieduta dal conte Agostino Antonelli [15].
La biblioteca, grandemente incrementata dal duca Giovanni Angelo, che, solo per l’acquisto dei libri, incunaboli [16] e manoscritti della biblioteca del papa Marcello II (Marcello Cervini - aprile-maggio 1555), spese oltre 13.000 scudi, andò poi dispersa con la fortuna degli Altems, per quanto una gran parte fu acquistata da Alessandro VII e dal cardinale Ottoboni che la lasciò alla Vaticana.
Oggi il palazzo ospita una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano.
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[1] Si chiamò Piazza della “Scorticchiaria”
[2] ) Vicino al tempio di Apollo è situata la Fons Apollinaris, altri invece la pongono fra l’Aventino e il Celio. Frontino la dice salutare e perciò sacra.
[3] ) Il cardinale Guglielmo d’Estouteville aveva eretto S. Agostino, restaurato e decorato S. Maria Maggiore, fatti abbellimenti all’Urbe a sue spese ed ordinato il trasporto del « Mercatello » dalle falde del Campidoglio a Piazza Navona.
[4] ) Gli Ungheresi erano stati uniti ai Germanici da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) nel 1580.
[5] ) La chiesa in questione si chiamava S. Stefano de Ungariis o de Agulia (attribuita a Stefano II - 752-757). La chiesa e l’annesso monastero, furono demoliti per edificare la nuova sacrestia di S. Pietro.
[6] ) “1658 gennaio 30 – Chirografo di Alessandro VII con il quale, a conferma della bolla di Gregorio XIII in data 5 luglio 1574, si concede l’esenzione doganale a favore del Collegio Germanico di Roma per beneficio dei 100 fanciulli tedeschi raccolti”. (Archivio di Stato Bandi vol.23).
[7] ) Nella ricostituzione, apparvero numerosi frammenti epigrafici indicanti che nel luogo era situato l’ufficio costruzioni dell’amministrazione imperiale, delle cave di marmo, i cui moli si stendevano lungo le rive del Tevere.
[8] ) Il collegio Romano rimase a Sant’Apollinare fino al 1913, poi, dopo i Padri Lazzaristi, che avevano dovuto abbandonare la casa madre in via della Missione, demolita per la costruzione del palazzo di Montecitorio, vi ebbe sede il Pontificio Istituto di Sant´Apollinare e, a partire dal 1990, il Palazzo è sede della Pontificia Università della Santa Croce, tenuta dall’Opus Dei.
[9] ) Andò ad abitare al palazzo Orsini in piazza del Biscione.
[10] ) Il cortile col quadriportico è attribuito a Baldassarre Peluzzi (1481-1537) e l’architettura della facciata e della torre a Martino Longhi (+ 1591).
[11] ) Lo zio era morto il 12 agosto.
[12] ) Il ramo romano dei Soderini era stato iscritto, da Benedetto XIV, nel patriziato romano, nel 1746 e insignito del titolo comitale con baldacchino (giurisdizione feudale). Porzia Soderini monaca di Tor dei Specchi lasciò poi il titolo al fratello uterino (stessa madre - Maria Eleonora Costaguti) Lorenzo Roberti, che, col riconoscimento di Pio VII (breve del 17 settembre 1819), continuò la famiglia Soderini.
[13] ) Fu sotto Clemente VIII che si iniziò la moda dei cappelli di feltro. Dice il diario Valena: “1592 - Principiarono gli cappelli di feltro, che prima si portavano berrette di panno e di velluto, e gli cappelli si facevano di ermisino (drappo di seta proveniente da Ormus, città del golfo persico)” (archivio Capitolino).
[14] ) Maria di Gallese sposò il poeta Gabriele D’Annunzio, poi principe di Montenevoso, che il 12 settembre del 1919 occupò Fiume, in nome dell’Italia. La principessa era nata il 29 gennaio 1864, dopo esser fuggita col poeta a Firenze, lo sposò il 28 luglio del 1884. Morì al Vittoriale il 18 gennaio 1954. Suo padre Jules Hardonin era venuto a Roma nel 1849, come sottufficiale nelle truppe del generale Audinot. La principessa Altemps, duchessa di Gallese, innamoratasi di lui (di Jules Hardonin), lo sposò e gli fece avere l’investitura del titolo dal pontefice. Il neo duca di Gallese, rimasto vedovo, sposò la marchesina Natalia Lezzani di Sant’Elia, che fu la madre della moglie di D’Annunzio.
[15] ) Vi brillò Antonio Gandusio, allora studente.
[16] ) Incunaboli - I libri a stampa pubblicati nella seconda metà del XV secolo sono così chiamati (fasce dei bambini in culla) perché rappresentano uno stadio quasi infantile dell’arte tipografica. Essi hanno come caratteristica comune la mancanza di frontespizio e di numerazione delle pagine, la grande ampiezza dei margini, per consentire al lettore la giunta di “glosse” e di postille; il “colophon”, cioè la formula apposta alla fine del libro, recante il nome dell’autore, quello del tipografo e le indicazioni concernenti il luogo e l’anno di stampa. (Vedi "l'Arte dello scrivere" di G.L. Messina, edizione A. Signorelli – Roma).
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